A Messina migliaia di persone sfilano contro il progetto del Ponte sullo Stretto (costo stimato oltre 13 miliardi), contestandone impatto ambientale, rischio sismico, governance e possibili infiltrazioni mafiose. La mobilitazione, iniziata il 9 agosto e raccontata il 10 dai media internazionali, arriva poche settimane dopo i nuovi passi procedurali del governo sul progetto.
Le ragioni della protesta.
Gli organizzatori e i comitati “No Ponte” denunciano la trasformazione irreversibile di un’area ad altissima fragilità paesaggistica e sismica, l’insufficiente analisi costi–benefici e la priorità data a un’opera simbolica rispetto a trasporti locali, adduzioni idriche, messa in sicurezza del territorio. Testimonianze e cronache locali parlano di una partecipazione trasversale, con sindaci, associazioni e residenti delle aree più impattate.
Il quadro istituzionale.
Il governo difende l’opera come volano di sviluppo e nodo strategico euro-mediterraneo. La rinnovata spinta politica degli ultimi mesi ha riaperto l’iter approvativo e gli affidamenti legati alla società concessionaria. La contestazione, però, resta ampia e radicata. Testate internazionali (dal mondo arabo a quello francese) hanno rilanciato le immagini della protesta.
Cosa succede ora.
Proseguono verifiche tecniche, iter autorizzativi e ricorsi amministrativi, mentre la piazza promette nuove iniziative per monitorare valutazioni ambientali, sismiche e trasparenza degli appalti. La dimensione europea del dibattito (con fondi e standard ambientali) resta un fattore decisivo.