È scattata ieri all’alba, 12 novembre 2025, l’operazione “Caduceo”, una delle più vaste attività investigative degli ultimi anni contro il riciclaggio e l’autoriciclaggio internazionale. Coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, ha portato all’arresto di 18 persone e al sequestro preventivo di beni per un totale di 43 milioni di euro, tra conti correnti, immobili di lusso, auto di alta gamma e portafogli di criptovalute.
Secondo gli inquirenti, la rete smantellata avrebbe agito per almeno sei anni, riciclando denaro proveniente da frodi fiscali, traffico di stupefacenti e fatture false. Il sistema si articolava in una fitta rete di società cartiere con sede in Lombardia, Veneto e Liguria, collegate a conti esteri intestati a prestanome in Slovenia, Malta e Emirati Arabi Uniti.
Gli investigatori sono arrivati alla cellula principale dopo aver intercettato movimenti anomali per circa 12 milioni di euro in stablecoin e criptovalute ad alto livello di anonimato. L’attività tecnica ha consentito di ricostruire una vera e propria filiera finanziaria parallela, in cui il denaro transitava da società fittizie a wallet digitali poi convertiti in contanti tramite banche compiacenti nei Balcani.
Il capo dell’associazione – un imprenditore milanese di 54 anni già coinvolto in passato in indagini su frodi fiscali – avrebbe gestito il flusso di denaro attraverso consulenti, commercialisti e programmatori informatici esperti in blockchain. Secondo gli inquirenti, il gruppo si serviva anche di corrieri che trasportavano soldi in contanti oltreconfine, arrivando a trasferire fino a 300.000 euro in un solo viaggio.
Il procuratore aggiunto che coordina l’inchiesta ha dichiarato:
“Questa rete aveva costruito un sistema di lavaggio che consentiva di ripulire milioni in poche ore combinando metodi tradizionali e tecnologie digitali.”
Nel corso dell’operazione sono state effettuate oltre 40 perquisizioni tra Milano, Bergamo, Genova e Verona. Gli agenti hanno rinvenuto documentazione contabile criptata, pc con sistemi di cancellazione automatica dei dati e telefoni privi di SIM utilizzati solo tramite reti Wi-Fi pubbliche.
Le indagini rivelano che una parte del denaro riciclato veniva reinvestita in ristoranti, attività immobiliari di facciata e servizi di consulenza inesistenti. Altri fondi venivano convertiti in criptovalute e custoditi in cold wallet nascosti in cassette di sicurezza.
Una dinamica che, secondo gli investigatori, evidenzia come la criminalità economica stia professionalizzandosi attraverso strumenti digitali sempre più sofisticati.
La Guardia di Finanza ha spiegato che il monitoraggio del dark web è stato determinante per individuare i movimenti sospetti iniziali. In alcune chat criptate sono stati trovati messaggi in cui i membri del gruppo si scambiavano istruzioni per eludere i controlli KYC (Know Your Customer) delle piattaforme di scambio internazionali.
Il ministro dell’Economia ha commentato definendo l’operazione “un colpo durissimo ai sistemi di riciclaggio che danneggiano l’economia reale e alimentano la criminalità organizzata”.
Gli arrestati sono ora accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, emissione di fatture false e ostacolo agli organi di vigilanza.
Gli inquirenti non escludono ulteriori sviluppi: sono in corso accertamenti per verificare eventuali contatti con gruppi operanti a Dubai e a Bratislava.
Il Gip ha disposto la custodia cautelare in carcere per 12 indagati e gli arresti domiciliari per gli altri sei.
La Procura ha spiegato che sono già partiti approfondimenti per individuare chi abbia beneficiato dei fondi e se parte del denaro sia ricollegabile a cartelli criminali del narcotraffico europeo.
Le indagini proseguiranno nelle prossime settimane, anche attraverso richieste di cooperazione internazionale.
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